Resti di un Mondo che fu..

Principe Adalex





« Oggi a me, domani a te,

io ero quel che tu sei,
tu sarai quel che io sono.
Pensa mortal che la tua fine è questa
e pensa che ciò sarà ben presto. »







"La decomposizione di un cadavere può rallentare o arrestarsi nel caso in cui la salma si disidrati e resti corificata: si forma così la mummia. In questo processo di mummificazione naturale rilevano anzitutto le condizioni dell'aria e del suolo. Aridità assoluta, lieve radioattività o esalazioni (ad es. acide o saline) dal terreno possono agire in tal senso, così come i sarcofagi sigillati o il flusso continuo d'aria molto secca. Analogamente, l'assunzione costante di tossici nell'arco della vita a scopo medicinale (in quantità molto piccole e innocue per il paziente) può favorire una mummificazione naturale. Vari principi attivi sono ancora rilevabili poco dopo la morte; poi, molte delle sostanze grasse di una mummia si trasformano o decadono nel corso del tempo."



Mummie Storiche




L'Atleta di Taranto (566 a.C.)
Il 9 dicembre 1959, a Taranto, all'altezza del civico n. 9 di Via Genova, in occasione della costruzione delle fondamenta di un edificio, fu rinvenuta una tomba che mostrava i segni di una sepoltura gloriosa, quella di un uomo indicato come una vera e propria leggenda dell'epoca, un uomo che aveva vinto ben quattro olimpiadi nella specialità del pentathlon.
Sul fondo del sarcofago giaceva lo scheletro dell'atleta, in posizione supina, le ossa disarticolate e fragili. Probabilmente fu posto, al momento della sepoltura, su una kline, un letto funerario, di legno: se ne sono ritrovati i chiodi e frammenti di stoffa sottile. Accanto al corpo fu rinvenuto un alabastron, un vasetto per unguenti e profumi, in alabastro tornito. Lo scheletro fu immediatamente analizzato dagli antropologi: era sicuramente un uomo con notevole prestanza fisica, alto circa un metro e settanta centimetri. L'età della morte fu fissata intorno ai 27 anni, anche per la presenza di tutti i denti in perfette condizioni. Che fosse un atleta lo si dedusse non solo dalla sua prestanza fisica ma anche dal ritrovamento, nella sepoltura, di ben quattro anfore panatenaiche, segno che il giovane aveva partecipato ai giochi che erano stati istituiti ad Atene da Pisistrato nel 566 a.C. I Giochi Panatenaici erano inferiori, per fama e rinomanza, solamente alle olimpiadi. Ai vincitori nelle diverse gare veniva consegnato in premio un'anfora contenente il pregiato olio tratto dagli oliveti sui quali Atene e la regione circostante fondavano gran parte della loro economia. L'anfora che conteneva l'olio era costruita secondo una forma che rimarrà inalterata fino al IV secolo a.C. Ma che sport praticava il giovane atleta? L'esame delle ossa ha evidenziato che il giovane aveva avambracci e gambe più lunghi delle braccia e delle coscie. Questa caratteristica era il segno di una notevole potenza degli arti superiori (probabilmente utilizzati nel lancio del disco) e di quelli inferiori (come per il salto in lungo). Gli studiosi, pertanto, hanno ipotizzato che siano state proprio queste due discipline, il lancio del disco ed il salto in lungo, il punto di forza del giovane atleta di Taranto.
Le ipotesi sulla morte dell'atleta sono principalmente due. Secondo la prima, in quanto campione, ebbe presumibilmente pochi rivali nelle sue discipline sportive, che lo condussero purtroppo allo stremo delle sue forze e alla morte all'età di 35 anni. La seconda ipotizza un possibile avvelenamento tramite arsenico, quando l'atleta aveva circa 27 anni, assassinato molto probabilmente per interesse sportivo.
Alla sua morte, quando la sua bell'anima salì all'Olimpo, fu adagiato in un sarcofago monumentale per il meritato eterno riposo, seppellendolo come lui desiderava con le sue quattro anfore panatenaiche, raffiguranti ognuna le sue precedenti gloriose vittorie. Al ritrovamento della tomba però, ne furono rinvenute solo tre, in quanto la quarta andò perduta. Ora la sua tomba troneggia in una sala del Museo nazionale archeologico di Taranto.



Starchild (900 anni)
Starchild (in italiano "bambino delle stelle") è il nome assegnato ad un teschio scoperto intorno al 1930 da una giovane messicana in una miniera abbandonata.


Il cranio apparteneva ad uno scheletro sepolto all'interno di un tunnel, sembra accanto ai resti di una donna matura.

Ray e Melanie Young, i proprietari del teschio, nel 1999 hanno fondato un'associazione non a scopo di lucro denominata The Starchild Project.

Il teschio di Starchild (Starchild skull) entrò in possesso di Ray e Melanie Young di El Paso (Texas); in seguito lo avrebbero affidato allo scienziato e scrittore Lloyd Pye nel febbraio 1999. Secondo Pye, il teschio sarebbe stato rinvenuto intorno al 1930 da una ragazzina di circa 13-15 anni in Messico, nel tunnel di una miniera a circa 160 km a sud-ovest da Chihuahua. Il teschio sarebbe stato sepolto di fianco a un normale scheletro umano coricato sulla schiena, supino, probabilmente appertenuto a una donna amerinda morta approssimativamente all’età di 20-30 anni.

Il teschio è stato sottoposto alla datazione con il carbonio-14 (grazie al quale si è stabilita la sua età di 900 anni), analisi a raggi X, al microscopio atomico e TAC. L’analisi ha confermato che il teschio è composto da idrossiapatite di calcio, cioè il materiale del quale è composto il normale osso umano.

In base alle analisi effettuate sulla mascella destra superiore, pare che il cranio fosse appartenuto a un bambino di età compresa tra i 4 e i 5 anni; tuttavia il volume cerebrale ammonta a 1600 cm³, ovvero a 200 cm³ in più rispetto alla media di un cervello umano adulto e 400 cm³ in più di un adulto con un cranio della stessa grandezza.



Il teschio presenta diverse evidenti anomalie:
l'area parietale sporge da entrambi i lati delle orbite senza alcuna traccia di tempie normali;
le cavità oculari sono troppo poco profonde rispetto alla norma;
le orbite sono ovali e completamente cave;
i canali del nervo ottico sono deviati in basso ed in dentro in modo da rendere molto inverosimile la mobilità del normale bulbo oculare;
l’attaccatura del collo è in posizione anomala;
i seni paranasali frontali sono assenti e la superficie è regolare dalle arcate sopraccigliari fino all'inizio del setto nasale.

Tali caratteristiche indicano che il bambino era affetto da defomazioni congenite del cranio. Secondo Steven Novella, il bambino soffriva di idrocefalo non curato. Adelina Chow, avvalendosi del parere di medici specializzati, ha concluso che "Starchild" "soffriva di vari difetti umani congeniti" che avevano causato una pronunciata brachicefalia e un'anomalia della sutura frontale.

Sul cranio è stata eseguita un'analisi del DNA al BOLD di Vancouver nel 1999. Tale esame ha mostrato la presenza di cromosomi X e Y, confermando quindi che "Starchild" era un bambino di sesso maschile. Un successivo esame del DNA mitocondriale eseguito nel 2003 ai laboratori della Trace Genetics ha indicato che il cranio di "Starchild" e quello trovato insieme ad esso appartenevano a diversi aplogruppi amerindi e quindi la donna il cui cranio era vicino a quello di "Starchild" non poteva esserne la madre.

Sulle caratteristiche inconsuete del cranio sono state fatte anche speculazioni pseudoscientifiche. Lloyd Pye, ravvisando una somiglianza tra la forma del cranio di "Starchild" e quella attribuita agli alieni Grigi, sostiene che "Starchild" fosse un ibrido umano-alieno. Pye e chi segue la sua tesi rammentano che l'esame del DNA mitocondriale del 2003 non ha dato informazioni sul padre che quindi, a loro dire, potrebbe essere non umano. Tale affermazione manca però di fondamento: ovviamente il fatto che tale esame non dia informazioni sulla paternità non significa che escluda una paternità umana, che è peraltro implicita nel fatto che l'esame del DNA del 1999 ha trovato entrambi i cromosomi, X e Y.





La Mummia Juanita (spagnolo: Momia Juanita), è il corpo congelato di una ragazza inca. Visse per circa 12-14 anni, morendo all’incirca tra il 1440 ed il 1450. Fu scoperta sul Monte Ampato (parte della cordigliera delle Ande), nel Perù meridionale nel 1995, dall’antropologo Johan Reinhard e dal collega peruviano Miguel Zarate. Nota anche come Signora di Ampato e Ragazza congelata, Juanita fu portata per un’esibizione negli Stati Uniti d’America nel 1996, ed in Giappone nel 1999, prima di tornare in Perù. Juanita è rimasta ottimamente conservata dopo 500 anni, il che la rende una delle più importanti scoperte recenti; questa scoperta fu scelta dal TIME, nel 1995, come una delle migliori dieci scoperte al mondo. Quando fu originariamente pesata ad Arequipa, l’involucro che conteneva la mummia era di oltre 40 chili. Tentando di portarla sulla cima dell’Ampato, Reinhard e Zarate capirono che il peso era probabilmente dovuto al congelamento della carne.


La conservazione permise ricerche biologiche sui tessuti di polmoni, fegato e muscoli.
Queste prove offrirono nuove informazioni sulla salute e la nutrizione degli Inca durante il regno del Sapa Inca Pachacútec.









Christian Friedrich von Kahlbutz (Kampehl, 6 marzo 1651 – Kampehl, 3 novembre 1702) Fu un cavaliere brandeburghese, rimasto famoso soprattutto per la perfetta conservazione del suo cadavere, avvenuta spontaneamente fino al giorno d'oggi senza il ricorso ad alcun processo di mummificazione artificiale. La sua mummia è un'attrazione turistica. Il Grande Elettore Federico Guglielmo di Brandeburgo aveva ricompensato Kahlbutz, per i suoi meriti nella guerra di Svezia, con la concessione in feudo di Kampehl, presso Neustadt, sulla Dosse. Al cavaliere andò in sposa una discendente della nobile famiglia brandeburghese dei von Rohr, che gli diede molti figli. Nel 1690 Kahlbutz fu accusato dalla sua serva Maria Leppin di aver assassinato il promesso sposo di lei, il pastore Pickert della vicina località di Bückwitz. Il delitto sarebbe avvenuto per vendetta verso la donna, che aveva rifiutato al cavaliere lo ius primae noctis. Al processo, che fu celebrato a Dreetz presso Neustadt, Kahlbutz fu però assolto in base alla sua stessa dichiarazione giurata, per assenza di testimoni. Il cavaliere Kahlbutz morì all'età di 52 anni per uno sbocco di sangue. Fu sepolto in una doppia bara nella tomba familiare presso la chiesa di Kampehl. Nel 1783 morì il suo ultimo discendente, e in seguito i beni dei von Kahlbutz cambiarono perciò ripetutamente di proprietario. Nel 1794, durante il restauro della chiesa, si decise come d'uso di traslare le bare al cimitero. All'apertura dei sarcofagi tutte le salme apparvero decomposte tranne quella del cavaliere Kahlbutz. La tradizione popolare trovò presto la sua spiegazione alla mummificazione del cavaliere Kahlbutz, e vi vide il giusto castigo divino per il delitto. Secondo la leggenda, davanti al tribunale il cavaliere avrebbe giurato: "Se davvero io sono l'assassino, voglia allora Dio che le mie spoglie non marciscano". Fonti italiane attestano però una tradizione diametralmente opposta, secondo la quale Kahlbutz non fu assolto, ma condannato a suicidarsi, e invocò perciò davanti ai giudici la conservazione post mortem del proprio corpo a prova della sua innocenza. Il giuramento sarebbe avvenuto in nome dei Cavalieri del Tau, un ordine cavalleresco sorto ad Altopascio ed estesosi a tutto il continente. Il cavaliere è citato come Christian Jacopo Kalbutz : con un secondo nome, cioè, mutuato da quello del patrono del comune toscano. Com'era logico attendersi, la mummia non imbalsamata del cavaliere avrebbe presto subito numerosi esami per chiarire il motivo del mancato innesco, su di essa soltanto, del naturale processo di decomposizione. Tanto Rudolf Virchow quanto Ferdinand Saurebruch si occuparono della salma, e anche l'ospedale berlinese della Charité analizzò inutilmente il cavaliere Kahlbutz negli anni ottanta. Perché Kahlbutz non si sia decomposto fino ai nostri giorni è un mistero ancora irrisolto. Nondimeno si conoscono rari casi in cui, similmente, la decomposizione si è arrestata. La decomposizione di un cadavere può rallentare o arrestarsi nel caso in cui la salma si disidrati e resti corificata: si forma così la mummia. In questo processo di mummificazione naturale rilevano anzitutto le condizioni dell'aria e del suolo. Aridità assoluta, lieve radioattività o esalazioni (ad es. acide o saline) dal terreno possono agire in tal senso, così come i sarcofagi sigillati o il flusso continuo d'aria molto secca. Analogamente, l'assunzione costante di tossici nell'arco della vita a scopo medicinale (in quantità molto piccole e innocue per il paziente) può favorire una mummificazione naturale. Vari principi attivi sono ancora rilevabili poco dopo la morte; poi, molte delle sostanze grasse di una mummia si trasformano o decadono nel corso del tempo. È ormai pacifico che il cavaliere Kahlbutz soffrisse di una malattia che gli aveva causato un forte dimagramento: si può pensare in particolare al cancro, alla distrofia muscolare o alla tubercolosi. Alcune testimonianze depongono per quest'ultima, confermandone il quadro clinico. Secondo la tradizione Kahlbutz sarebbe "soffocato nel suo stesso sangue". Ciò si può conseguentemente interpretare nel senso che egli poco prima di morire ebbe un'emottisi, come poteva verificarsi per effetto di una grave patologia polmonare (tumore o, appunto, tubercolosi). Kahlbutz fu sepolto in una doppia bara di quercia. La decomposizione sarebbe stata quindi interrotta dal sarcofago ermetico, dagli stessi prodotti della putrefazione, e dalla sepoltura in suolo infertile di una salma peraltro già spolpata. A causa della struttura della tomba e della bara, una notevole massa d'aria poté scorrere sul cadavere, togliendogli acqua abbastanza da prosciugarlo.Ciò condusse infine alla mummificazione naturale per corificazione. Attraverso il secco ambiente esterno e il sarcofago, ben pochi insetti in grado di reinnescare la decomposizione poterono aggredire la salma.

Principe Adalex..